Il 10 non è un numero, è
tanti aggettivi: geniale, artistico, solista, magico, funambolico,
sognatore. Soprattutto se si parla di calcio e calciatori. Per questo
la casa editrice Giulio Perrone ha pubblicato Da Antognoni a Zico: i
più grandi numero 10 della storia del calcio.
A raccontare atleti entrati nella storia e nell'immaginario ha chiamato
una quarantina di giovani scrittori (e già questo, nell'editoria
italiana, è un atto di coraggio) e ha raccolto, con la cura di Alessio
Dimartino, sogni di parole. Ci sono numeri 10 sulla maglia, nell'anima,
nella storia e quelli che, non si sa perché, sulla maglia hanno avuto
il 7. Una galleria di personaggi e attimi: i racconti sono quasi
filmati, come quello su Platini, Roi Michel che ha fatto vincere tutto
alla Juve, pure il campionato dell'irriverenza e della non banalità. Un
filmato di 51 secondi. La partita è Juventus-Argentinos Juniors del
1985, finale della Coppa Intercontinentale. Al 70' sull'1-1, Platini
stoppa e, senza far toccare terra al pallone, fa partire un sinistro al
volo. Un capolavoro, ma in fuorigioco. I compagni con le mani nei
capelli, lui, le Roi, svenevole al suolo, sembra una Paolina Borghese, e
sorride. Di campioni così il calcio ne ha tanti: Messi, Baggio, Best,
Cantona, Pelè, Maradona, Giggs, Romario, Zico, ma anche Di Stefano,
Eusebio, Sívori.
Il libro è una galleria d'arte, di artisti e di illusioni. Come quelle
di Messi che, pallone al piede, vince le leggi della fisica e della
gravità, come quelle di Roby Baggio, che con la sfera dipinge sui prati
verdi magiche luccicanze. È una raccolta di foto immortali, di figurine
senza tempo, un buon libro per storie più o meno lontane.
Come capita nel racconto su Sandro Mazzola, un film lungo una carriera
dal primo gol in nerazzurro a Torino, sotto la curva Maratona dove segnò
anche papà Valentino, scomparso a Superga, fino alla finale
Brasile-Italia di Messico70, sempre nel nome del padre. Come nelle righe
su Eusebio, la perla del Mozambico che umilia Pelè al Mondiale del
1966 e che, come tanti migranti in fuga oggi, lascia l'Africa verso un
mondo migliore e sogna per una vita l'incubo e le lacrime del distacco.
Campioni sì, ma uomini come tutti con quella vena di genio che li
rende immortali, con quella capacità di aggrapparsi ai sogni e farli
diventare reali per tutti noi, che invece siamo così piantati a terra.
Per questo li amiamo, al di là di ogni bandiera, di ogni fede, di ogni
tempo. Perché ci fanno sognare e ci fanno tornare bambini, e la domanda
che resta è una e sola una «Ma tu l'hai visto giocare Pelè?». In
queste pagine, con una buona dose di poesia, lo si può intravvedere,
riga dopo riga, nelle imprese sue e dei suoi fratelli-geni che
accendono da sempre gli stadi del mondo e la bellezza.
Fonte e copy: fabioghezzi.com (consultato 22 dicembre 2014)
Nessun commento:
Posta un commento